domenica 12 luglio 2015

Due chiacchiere con Barbara Schera Vanoli

No, non è che su Epilla ora si tenti di fare giornalismo musicale serio e ci si improvvisi intervistatori: non ci siamo montati la testa, non abbiamo contatti con manager e agenzie stampa, nulla del genere. È solo che ho perso un po’ traccia di come stia andando Helsinki J, il progetto house di Barbara Schera Vanoli, così le ho scritto su Facebook per chiederle informazioni e, già che c’eravamo, fare due chiacchiere su come vadano le sue faccende musicali in generale. E lei è una persona deliziosa che ha accettato di darmi corda e prestarsi a questa specie di intervista. Siete pronti a scoprire le mille sfaccettature musicali di uno dei gioielli della musica italiana?

• Ciao Barbara! Tanto per cominciare, grazie per esserti prestata a questo esperimento, è un onore averti su Epilla!
Ciao Alessandro, grazie a te, sai che seguo sempre Epilla!

• Per prima cosa, parliamo di Helsinki J: è un progetto che prende marcatamente le distanze da ciò che hai fatto finora. Come è nata l’idea di sperimentare in campo elettronico?
• Circa un anno e mezzo fa ho iniziato a lavorare nell’equipe di uno storico produttore italiano della dance e dell’elettronica, Roberto Turatti. La cosa è nata quasi per caso, a lui erano piaciuti alcuni brani che avevo scritto e il modo di produrre di Jacopo Festa, con cui sto producendo il nuovo album dei Dama. Ci ha chiesto di provare a buttare giù qualche idea e abbiamo iniziato subito a collaborare, mi sono buttata in questo mondo totalmente nuovo dell’EDM, della deep house e della future house, prima non conoscevo nemmeno le differenze tra questi generi! ;) Helsinki J è il progetto che stiamo portando avanti con lui per l’etichetta Bang Records, ma non l’unico con cui siamo usciti quest’anno.  Nel caso di Helsinki J ho deciso di prestare anche la mia voce e non solo di scrivere i brani o co-produrli, perché lo sentivo nelle mie corde anche a livello vocale e avevo voglia di sperimentare e di mettermi in gioco in una cosa diversa. Mi piace esplorare mondi diversi dal mio perché è una cosa che permette di evolvere e, credimi, non c’era cosa più distante da me dell’EDM. Ho imparato moltissimo a livello di produzione e non vedo l’ora di poter riversare tutta questa nuova esperienza anche nei Dama e nei miei brani da solista.

• E in effetti, volevo proprio fare una domanda a Barbara-autrice: qual è stata la maggiore differenza nello scrivere per Helsinki J rispetto, ad esempio ai Dama? Quali le sfide e le difficoltà, quali le gratificazioni?
• Sono abbastanza abituata a scrivere cose molto diverse tra loro, è come se avessi diversi cassetti dentro di me in cui posso trovare diversi immaginari emotivi e sonori che posso esplorare per arrivare a scrivere una canzone. Utilizzo anche diversi strumenti musicali che ti portano a seguire strade diverse, se componi un brano al pianoforte sarà sicuramente molto distante da un brano composto all’ukulele ad esempio, almeno con me funziona così. I Dama sono un mondo molto ben definito dentro di me, mi siedo al pianoforte e cerco di entrarci, ne sento gli odori, ne vedo i colori, ne percepisco le emozioni, vivo i personaggi che mi sono creata… è un mio mondo molto intimo e, proprio per questo, sono molto coinvolta a livello emotivo. Nel caso, invece, di Helsinki J la parte compositiva è stata più leggera, divertente anche, in più ho lavorato su una base elettronica fatta dagli altri componenti, a differenza del solito. Per quanto riguarda il testo del primo singolo, “Out of time”, ho mantenuto quella mia matrice un po’ malinconica e autorale. In questo sono stata fortunata perché ho potuto essere me stessa e non scrivere una cosa che strizzasse l’occhio per forza a qualche logica di mercato. Ma attenzione, nel futuro potrei anche scrivere testi allegri e più da dancefloor. ;)

• Una cosa che hai detto nella tua seconda risposta mi ha incuriosito molto: cosa ha fatto sì che vedessi Helsinki J come un progetto più personale rispetto agli altri che stai portando avanti con Roberto Turatti, tanto da prestargli la voce?
Sentivo più affine a me il mondo sonoro, come quando ti provi un vestito che magari non avresti mai pensato di indossare ma una volta che te lo vedi addosso ti piace. In più mi è venuto naturale utilizzare la voce in un modo così diverso rispetto al solito, insomma quando istintivamente una cosa fila liscia e avviene senza forzature vuol dire che va bene per te in quel momento. Non è detto che nel futuro non entrino anche altre voci nel progetto, dipenderà dai brani che produrremo.

• Insomma, l’hai trovato artisticamente soddisfacente! Parlando di musica house, però, credo non si possa fare a meno di nominare le classifiche, l’esposizione radiofonica e quella nei club: come sta andando Helsinki J, sul lato commerciale?
Sì, anche se per me “artisticamente” i Dama hanno una valenza parecchio diversa. Sono mondi davvero molto distanti con logiche e canali praticamente opposti. Per quanto riguarda il lato commerciale, il primo singolo firmato “Helsinki J” è stato presentato lo scorso inverno all’ADE di Amsterdam, il più grosso evento mondiale per l’electronic dance music. Viene trasmesso in Italia da qualche mese, soprattutto nelle radio specializzate, una su tutte m2o che l’ha passato tanto. Sta iniziando a girare anche in Spagna, Germania e in Benelux ed è finito in varie compilation del settore, anche per Sony Music. So che viene suonato nei club europei in cui va quel tipo di house.

• Complimenti! Specie, perché, per gli ascoltatori di EDM e deep house, immagino tu sia una voce nuova! Come cantante dei Dama, invece, hai già un bel seguito: quali sono state le reazioni dei fan del tuo lato rock di fronte al progetto house?
Voce nuovissima! Nella presentazione del progetto Helsinki J per la stampa ci ho tenuto a presentarmi come cantante di un gruppo come i Dama. Penso fosse davvero una novità per quel mondo! Ti confesso che avevo un po’ di sano timore riguardo alla possibile reazione che chi segue i Dama avrebbe potuto avere, ma per ora non ho ricevuto feedback negativi, anzi, i messaggi che mi sono arrivati sono sempre stati molto carini e sono stata molto felice di ricevere complimenti sulla mia versatilità. Comunque posso capire benissimo che a chi ascolta un genere affine ai Dama possa non piacere assolutamente il genere che propone un progetto come Helsinki J, non mi stupirei affatto. 

• Come hai menzionato prima, Barbara Schera Vanoli è una musicista a 360 gradi che ama esplorare molti territori musicali. Oltre a Helsinki J e i Dama, hai menzionato un progetto solista. Ti va di parlarcene?
Con piacere! Vorrei dedicarmi a un album solista dopo l’uscita del secondo full lenght dei Dama! è da un po’ che ce l’ho in mente e non vedo l’ora di poterlo finalmente realizzare! Ho già scritto molti brani e fatto una prima cernita, a dire il vero ho già anche un titolo possibile per l’album… I brani per ora sono molto autobiografici ed essenziali, vorrei qualcosa di acustico o semi acustico come vestito. Per come l’ho pensato questo album potrebbe essere una sorta di diario fatto di pagine in cui esprimo emozioni molto diverse tra loro, sempre partendo dal mio modo di sentire le cose e di vivere la vita. Ci saranno brani che esprimono il mio lato più etereo e quelli che daranno sfogo a quello più zingaro e selvatico, senza limiti di genere e di appartenenza ad un background particolare: voglio la mia musica senza sovrastrutture e al massimo dell’emotività.

• Parlando dei “vestiti” della tua musica, con i Dama sei riuscita a creare un sound unico proprio combinando il rock melodico al femminile con la tua vena cantautoriale, che ora, mi pare di capire, vuoi proporre anche spogliata del rock. Quanto pensi sia importante sapere non solo come scrivere una canzone, ma anche come valorizzarla con i giusti arrangiamenti?
Penso che sia fondamentale! Ovviamente una bella canzone dovrebbe essere una bella canzone anche spogliata di tutto, ma l’arrangiamento è il suo “vestito” e può, se non fatto bene, anche rovinare una bella melodia o portarla su una strada che non era quella di origine. Paragoniamo un brano ad una donna: se è bella è bella anche senza abiti, ma un vestito la può valorizzare e “potenziare” o, all’opposto, svalorizzarla, può farla essere unica od omologarla a tante altre. Le canzoni dei Dama nascono “nude” al pianoforte e poi vengono vestite con un abito che riesca ad esprimere il mondo che ho immaginato per loro. Gli arrangiamenti hanno avuto un ruolo fondamentale nella creazione del nostro “immaginario”. La scelta dei suoni poi è un lavoro certosino e sono contenta dell’esperienza che sto facendo anche in ambiti musicali distanti dal mio di origine, sicuramente tornerà utile. Trovo sempre le contaminazioni interessanti.

• Un po’ sempre sul tema vestiti e canzoni nude, la musica rock e, a maggior ragione, metal incontra una certa resistenza nel Bel Paese, e immagino che con i Dama tu l’abbia constatato. Ma da quel che vedo, non è forse solo una questione di genere, quanto di idee: la canzone in sé, più che l’arrangiamento. Quanto è difficile fare – scusa la schiettezza – la cantautrice non sanremese o non uscita da qualche talent, in Italia?
L’Italia musicalmente, se parliamo di musica pop mainstream, è praticamente morta dal mio punto di vista, a parte qualche rara eccezione.  Non c’è possibilità di sperimentare o di uscire fuori dal coro, i brani che escono sono praticamente sempre la stessa solfa trita e ritrita. Non esiste possibilità di uscire da certi canoni e schemi come accade ad esempio in nord europa, dove anche il pop punta ad essere di fattura internazionale e si osa molto di più con una preparazione artistica che qui ci sogniamo. Non si osa, si punta al medio e al già sentito, per non parlare di quando imitiamo miseramente i prodotti che vengono dall’estero, arrivando a fare una cosa in ritardo e peggio degli altri. Trovo che sia un peccato perché di artisti validi ne abbiamo eccome e nell’underground ho vissuto e sentito idee davvero valide e all’avanguardia, ma che poi non riescono minimamente a trovare uno sbocco o un supporto da parte dei discografici “standard”. Per scherzare dico sempre che se una Tori Amos fosse nata qui probabilmente lavorerebbe in un call center:  forse è un po’ estrema come frase, ma riassume bene la nostra situazione attuale. Quindi, per tornare alla tua domanda, non è affatto facile.
In passato mi è stato proposto più volte di fare un percorso più “standard” ma non ho mai voluto percorrere una strada artistica che non fosse la mia. Non sarei nemmeno stata credibile. Ho scelto di rimanere indipendente per quello che riesco e di lavorare con realtà diverse, aperte e che, guardacaso, scavalcano i confini nazionali. Anzi, devo dirti che sono davvero contenta di quello che sto riuscendo a fare, anche in campo autorale per altri artisti, restando sempre un’artista indipendente. Se parliamo dei talent poi non finiamo più! Ci sono anche ragazzi validi che passano da lì, ma poi, chi dovrebbe farlo, non riesce a costruirgli un prodotto che abbia senso e una progettualità sul lungo periodo, il prodotto diventano i ragazzi stessi ma solo per breve tempo, finchè li si può “cannibalizzare”. Uno su mille, come Mengoni ad esempio, riesce a stare a galla, ma gli altri vengono gettati nel dimenticatoio oppure rovinati da brani che non ne valorizzano le potenzialità, che li snaturano e li fanno finire nel calderone di questa musica italiana senza vita. In questo forse Fedez sta attuando una piccola rivoluzione, staremo a vedere.

• Purtroppo ti do ragione in tutto, soprattutto sul fatto che i talenti indipendenti vengono sottovalutati e ignorati. C’è qualche iniziativa nell’underground per tentare di promuoverli e rompere un po’ gli schemi a livello nazionale?
Nell’underground c’è sempre molto fermento e molta energia propulsiva. Sono nate e stanno nascendo etichette dedicate a vari generi “alternativi” che si stanno muovendo molto bene e spero davvero possano crescere in futuro. Partiamo dal presupposto che, ormai da qualche anno, le dinamiche della musica e della discografia stanno cambiando di continuo e rapidamente e tutto quel modo di pensare “alla vecchia” prima o poi non sarà più attuabile. Siamo in un momento delicato e di grande trasformazione. Io sarò un’eterna idealista, ma secondo me le cose potrebbero davvero evolvere in modo diverso.
Ad oggi, con la potenza della rete, un ascoltatore può arrivare ad ascoltare ciò che vuole scoprendo continuamente band e artisti che mai e poi mai verranno proposti in radio o in televisione. Certo la massa per ora è ancora pigra e non fa altro che accendere la radio e la tv ma con questa libertà di accesso anche lo stesso fruitore di musica sta evolvendo, sei d’accordo?

• In effetti, Internet ha rivoluzionato il mercato musicale: la pirateria, che da una parte minaccia gli introiti ma dall’altra aiuta a far conoscere maggiormente la musica, i servizi di streaming, ma anche i social network che, mettendo in contatto artisti e pubblico, ha permesso la diffusione di un fenomeno come il crowdfunding. Pensi che questa apertura del mercato possa beneficiare gli artisti, magari riducendo l’influenza che gli intermediari (label, radio, televisioni) hanno su di loro?
Siamo in un momento in cui non si è ancora trovato un giusto equilibrio tra i vari aspetti che hai menzionato. La discografia sta ancora accusando troppo il colpo inferto dalla rivoluzione digitale e dal download illegale, ma piano piano stanno nascendo nuovi sistemi. Ad oggi siamo ancora un po’ nella bufera. Sicuramente questa apertura forzata del mercato può portare a molti benefici, l’abbattimento degli intermediari sicuramente, ma per ora, se parliamo sempre di mainstream, la promozione che può assicurare una major o una grossa etichetta indipendente, con i relativi passaggi radio e le sincronizzazioni televisive, non è raggiungibile con le sole forze della rete. Diverso è il percorso degli artisti più di nicchia che sicuramente possono sfruttare molto bene i canali che la rete mette a disposizione. Abbiamo anche visto come alcuni artisti, dopo essere scoppiati in rete, abbiano firmato con delle major, anche se spesso è una favola creata ad hoc a livello promozionale dalle label stesse. Un altro fenomeno interessante è quello che testimoniano alcuni musicisti già affermati da tempo che si staccano dalle major per ritrovare una libertà artistica che magari non avevano più. Insomma stiamo vedendo moltissimi nuovi percorsi sia in un senso che nell’altro. Le cose cambieranno ancora.

• Un lato negativo dell’era telematica è che si vuole tutto subito. So che tu, fra le tante attività musicali, insegni canto. Al giorno d’oggi, la mia impressione è che si tenda a lodare molto il cosiddetto “talento naturale”, che si cerchino le voci “potenti” anche se grezze come se contasse solo la predisposizione naturale, a discapito degli artisti che invece coltivano e affinano il loro talento lavorando sodo. Sei d’accordo con questa mia impressione?
Sì e lo vedo ogni giorno. Per farti un esempio, non più di qualche tempo fa ho ricevuto una mail in cui mi si chiedevano dei consigli in campo artistico. Ho risposto raccontando un po’ come mi ero mossa io e alle parole “gavetta” ed “esperienza” mi è stato risposto: “va bè, ma ora la gavetta lunga non la fa più nessuno, c’è YouTube!” Esemplificativo, no? Io la penso al contrario, se vuoi qualcosa di solido devi farti il culo, scusa la volgarità, ma non si scappa. Il talento va coltivato con cura, attenzione, costanza, serietà e anche una buona dose di sacrificio.

• Ok, direi di cambiare discorso e parlare di cose più piacevoli: il secondo album dei Dama! Sebbene Eirwen continui ancora a farmi sognare ogni volta che lo ascolto – frega niente di sembrare di parte, è così – non vedo l’ora di sapere cosa ci riserva il futuro. Ti va di parlarcene?
• Sì, abbiamo fatto troppo i seri!  L’album, che si chiamerà “A Room of Echoes”, è in preparazione da un po’: purtroppo per gli impegni lavorativi su altri fronti musicali, non solo miei ma anche di altri elementi della band, siamo rimasti fermi molto tempo con la produzione. Contavo di farlo uscire nella prima metà del 2015 ma abbiamo dovuto spostare alla seconda metà. Già con l’ultimo nostro singolo, “Echoes”, abbiamo aggiunto qualche elemento elettronico alla nostra musica e questa caratteristica sarà presente un po’ in tutto l’album. Il primo estratto che sentirete si chiama “Bring Me the Night” e davvero non vedo l’ora che esca!!
Visto che “Eirwen” ti fa ancora sognare, ne sono lusingata, spero che lo stesso effetto lo possa fare anche “A Room of Echoes”! 

• Beh, personalmente ho fiducia nel tuo lavoro! ;) E sono curioso come è progredito il sound dei Dama. Finora, ci hai parlato delle molte sfumature che il tuo songwriting assume sotto forma di progetti musicali paralleli, uno per ogni “cassetto” della tua creatività. Ti va di dirci come accade che un cassetto venga “riorganizzato”? Ovvero, pensi sia importante superare i limiti non solo spaziando fra vari progetti, ma anche rinnovandoli e facendoli evolvere nel tempo?
Ti ringrazio, spero davvero di non deluderti allora! Credo che i progetti in cui mettiamo molto di noi evolvano in modo naturale anche perché noi stessi ci evolviamo e cambiamo con il tempo, nonostante l’essenza resti la stessa. Evolviamo a livello personale ma anche professionale e artistico, più si sperimenta e si conoscono altri mondi più si hanno elementi nuovi da mettere in campo per esprimere al meglio quello che vuoi “dipingere” con la musica in quel momento. Quindi la mia risposta è sì, è importante far evolvere i progetti artistici con il tempo, e farlo accadere in modo naturale in linea con noi stessi è la cosa migliore per essere autentici.

• Abbiamo parlato del tuo futuro solista, del futuro (spero prossimo!) dei Dama, ma mi sono accorto che non ti ho chiesto nulla del futuro di Helsinki J. Cosa succederà dopo Out Of Time?
Abbiamo appena finito di preparare il secondo singolo che dovrebbe uscire dopo l’estate.

• Fantastico! Qualche anticipazione?
Direi che lascio intatto l’effetto sorpresa in questo caso. :)

• Allora aspetteremo! Direi che siamo in dirittura d’arrivo. In apertura hai detto di seguire Epilla – cosa di cui ti ringrazio davvero, è un grande onore! Sia come artista sia come fan del rock e metal al femminile, quanto pensi sia importante prendere se stessi e la scena musicale con ironia?
Moltissimo! Per questo amo Epilla, il tuo modo sagace, pungente e ironico di dare e commentare le notizie mi fa sempre molto ridere! Chi si prende troppo sul serio nella vita in generale finisce per non essere sereno, io direi che prendersi in giro e stare al gioco è un buon modo di prendere le cose, anche in campo musicale! 

• Ti ringrazio ancora tantissimo! Ultima domanda: che buona musica ascolti e ci consiglieresti, ultimamente?
Bè come album freschi freschi direi assolutamente “Vulnicura” di Bjork e “Ten Love Song” di Susanne Sundfør, due capolavori! Durante la bella stagione io amo ascoltare l’indie e il folk, consiglierei “Codes and Keys” dei Death Cab for Cutie, “Infinite Arms” dei Band of Horses, “Passenger” di Lisa Hannigan e “Lynn Teetle Flower” di Maria Taylor:  non sono ultime uscite ma io li ritiro sempre fuori in questo periodo.

• E con questo direi che è tutto. Grazie mille per questa chiacchierata, e tantissimi auguri di cuore per Helsinki J, i Dama, il progetto solista e… beh, per tutto il resto!
• Grazie a te di cuore per avermi dato spazio e per le domande ovviamente interessanti, non potevo aspettarmi altro da te! ;) Grazie anche a tutti i lettori di Epilla e a chi ci supporta!

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